Nessuna pace per chi fa profitti con la guerra!

In questi giorni una decina di compagni/e vengono raggiunti dalle carte di tribunale, denunciati/e per aver partecipato e dato vita ad un presidio contro Leonardo un anno fa.

Ripercorriamo quelle giornate, quel che é avvenuto e quel che avviene ancora oggi:

Il 18 ottobre 2019 compagni e compagne si riunivano sotto la sede di Leonardo Spa (Ex Finmeccanica), a Chieti, per un presidio contro i sanguinari rapporti dell’azienda italiana con la Turchia di Erdogan, che poco prima, il 9 ottobre, aveva iniziato l’offensiva contro il Nord-Est della Siria, nel Rojava. Non stiamo qui a ribadire gli stratosferici profitti del Made in Italy nel commercio bellico; l’Italia domina nel settore mediante accordi tra Ministero della Difesa, banche come Unicredit e aziende come Leonardo, produttrice di bombe, elicotteri d’assalto e sistemi tecnologici avanzati da guerra.

In seguito a diversi interventi davanti ai cancelli dell’azienda, il presidio si è mosso in corteo verso la stazione per poi arrivare all’università, anch’essa in rapporti di “ricerca” con Leonardo. Nella sede universitaria si è tenuta un’assemblea conclusiva, volta alla sensibilizzazione sulla situazione attuale in Rojava e sull’esistenza sul territorio abruzzese di un’azienda che muove ingenti profitti esportando guerra e morte.

Dopo un anno di indagini, ci chiediamo per quale pericoloso comportamento, 10 persone sono state denuciate. Non è una novità il comportamento della digos e della questura e di come spesso lavorino al soldo di “lor signori”: durante il presidio numerose erano state le lamentele dei vertici dell’azienda ai vari digossini, impegnati in mega registrazioni da ogni angolatura. E’ chiaro come l’intento della procura sia quello di attaccare la solidarietà attiva, quella che va oltre i confini geografici e che colpisce direttamente tutta la filiera produttiva della guerra. Il presidio e la cosiddetta “manifestazione non autorizzata”, sono il frutto di mesi di mobilitazioni e iniziative sulla costa adriatica, in difesa della rivoluzione sotto attacco nel Rojava: incontri informativi, assemblee, momenti di discussione e benefit per le popolazioni colpite dagli elicotteri italiani di Erdogan.

Il comportamento vendicativo/repressivo dello stato non si prefigura come una novità: per una passeggiata per Chieti scalo scattano le denunce, per la partecipazione attiva in Rojava alla rivoluzione parte la “sorveglianza speciale”. L’ultima in ordine di tempo, per Eddi, compagna torinese, condannata nel marzo 2020 a due anni di sorveglianza speciale dal Tribunale di Torino con enormi limitazioni per la libertà personale. La colpa di Eddi è quella di aver militato nelle Forze di protezione femminile del Rojava, YPJ.

Difficile capire la logica dei tribunali dello stato, ammesso e non concesso che ve ne sia una degna di questo nome. Da una parte, le lacrime di coccodrillo dello stato italiano per la morte al fronte, nel marzo 2019, di Lorenzo Orsetti, detto “Orso”, compagno fiorentino arruolatosi negli YPG e, dall’altra, la repressione a casa nostra per chi torna dalla guerra contro Daesh, Isis. La volontà è sempre politica e quella statale è chiara: reprimere le forme di dissenso e d’informazione diretta e attaccare chi si ribella e difende i popoli in rivolta, a ogni latitudine e longitudine.

In mezzo al caos mediorentale, è un dovere difendere l’esperienza rivoluzionaria del confederalismo democratico del Rojava, contro Erdogan, Daesh e tutte le potenze mondiali.

Stato e Leonardo stessa merda.

“È proprio nei momenti più bui che la vostra luce serve.
E ricordate sempre che ogni tempesta inizia con una singola goccia”

Difendere il Rojava, per Orso e i/le martiri della rivoluzione!

Un pensiero a Eddi, e a tutte i/le compas colpitx della repressione.

 

Le imputate e gli imputati

 

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