Anna e Silvia sono delle compagne anarchiche imprigionate da mesi nel carcere de L’Aquila, una struttura fatiscente costruita per rinchiudere i detenuti in regime di 41bis.
Anna e Silvia si trovano nella nuova sezione, l’AS2, ma l’ombra del 41bis inghiotte anche loro: hanno a disposizione pochissime ore d’aria e un numero fortemente limitato di libri e vestiti da poter tenere in cella, subiscono la censura e il controllo della posta, sono costrette a continue vessazioni, all’imposizione di una condotta da automa, a decine di perquisizioni corporali quotidiane.
Addirittura, affinché non possano incontrare i loro compagni durante le udienze, ad Anna e Silvia è concesso partecipare ai processi contro di loro solamente tramite videoconferenza dal carcere.
Queste misure carcerarie sono concepite per annichilire i prigionieri e le prigioniere, per fiaccarne la volontà e ogni forma di resistenza, per isolarli totalmente dall’esterno del carcere e, spesso, per isolare i detenuti anche dagli altri detenuti.
Anna e Silvia, però, hanno deciso di non farsi piegare dalla tortura di Stato, di ribellarsi a chi intende ridurle a docili animali in gabbia: il 29 maggio hanno iniziato uno sciopero della fame che prosegue tutt’oggi.
Vogliono essere trasferite, pretendono la chiusura dell’AS2.
Ma l’apparato repressivo è infame e colpisce ovunque può. Nel carcere de L’Aquila Anna e Silvia potevano incontrarsi brevemente durante l’ora del pasto. Da quando sono in sciopero della fame è stata negata loro anche questa possibilità di comunicare.
Ciò nonostante, la solidarietà, a volte, inibisce la repressione o, perlomeno, ne smussa gli angoli più taglienti: ben presto moltissimi altri prigionieri anarchici rinchiusi in altre patrie galere hanno aderito alla protesta di Anna e Silvia, iniziando anche loro a rifiutare il cibo. Altri detenuti, comunicando come possono, ci informano giorno dopo giorno di star partecipando allo sciopero della fame.
A noi che abbiamo il privilegio di non essere carcerati spetta il compito di non abbandonare chi è dentro, di rompere la barriera dell’isolamento, di dar forza alle istanze dei prigionieri tramite, innanzitutto, la solidarietà e la condivisione di informazioni – sia tra chi è fuori, sia con chi adesso si trova in gabbia.
Anche da Pescara, come da tantissime altre città d’Italia e d’Europa, siamo al fianco di Anna, Silvia e di tutti i prigionieri e le prigioniere in sciopero della fame e non concederemo tregua a chi intende tenerci schiavi, finché l’infame e disumana istituzione carceraria non sarà definitivamente abbattuta.
Contro il 41bis
Contro la tortura di Stato
LIBERI/E TUTTI/E