ALL’AMMINISTRAZIONE COMUNALE DI LANCIANO
Scrivo da antifascista, fermamente antifascista da sempre, non dell’ultimo quarto d’ora o dell’ultima campagna elettorale. Mio nonno è stato un partigiano comunista, sottolineo, un partigiano e per di più comunista, non esattamente un martire che gronda sangue come troppo spesso sento evocare i partigiani, attraverso una scivolosa rimozione linguistica con relativo slittamento dalla categoria del politico a quella del religioso, in cui vengono accomunati vittime e carnefici in un magma indistinto che ha il solo obiettivo di confondere le acque. Anche i jihadisti che si fanno saltare per aria si definiscono martiri. Anche i fascisti infoibati in Istria e in Dalmazia, attraverso una lettura revisionista della storia che insiste sul nazionalismo e rimuove il dato politico, vengono chiamati “martiri delle foibe”.
A tal proposito, vengo a sapere che, come da copione, anche quest’anno l’amministrazione si appresta a rendere omaggio al monumento dei fascisti italiani infoibati nella resistenza partigiana di Tito e che per il giorno dopo è stato concesso ai fascisti del terzo millennio di radunarsi in piazza Plebiscito, proprio davanti al monumento dei caduti contro l’oppressione nazi-fascista, per una grottesca commemorazione ideologicamente apparentata con quella dell’amministrazione comunale. Pertanto chiedo a questa amministrazione, che durante l’ultima snervante campagna elettorale si è auto-candidata come fermo baluardo di resistenza a fascismi vecchi e nuovi, come sia possibile, in una città medaglia d’oro alla Resistenza antifascista, dedicare ben due giorni a questo tipo di celebrazioni che danno visibilità e agibilità politica a Casapound e posizionarsi in questo modo sull’onda lunga del revisionismo storico di destra che insiste sul nazionalismo e sorvola sull’ appartenenza politica e sui massacri precedentemente compiuti da gendarmi fascisti, successivamente infoibati. Chi conosce un po’ la storia, sa che l’italianità non c’entra niente, perché la Resistenza ha travalicato i confini dello stato-nazione facendo fronte contro un nemico comune, il nazifascismo. Così, mentre in Istria e in Dalmazia i partigiani infoibavano i fascisti, in Italia i nostri partigiani li appendevano a piazzale Loreto ed in entrambi i casi vendicavano le atrocità commesse dal nazi-fascismo, in un contesto di lotta internazionalista indispensabile alla liberazione comune, a prescindere da identitarismi nazionalistici tanto cari alle destre e tanto in voga nelle celebrazioni di oggi.
Ma già da diverso tempo mi chiedo se il sindaco rieletto grazie ai suoi proclami pro-Resistenza si renda conto di cosa va blaterando quando, nelle celebrazioni in memoria de “i caduti” di Saati e Dogali, ha il coraggio di equiparare quei morti ai nostri partigiani.
Lo sa, vero, che a Saati e Dogali gli eritrei e gli etiopi insorsero contro il colonialismo italiano, facendo strage di invasori? Lo sa, vero, che a Saati e a Dogali gli invasori “caduti” erano italiani, mentre i partigiani resistenti erano eritrei ed etiopi? Mi spiega, allora, come è possibile onorare lapidi e monumenti che celebrano il colonialismo e poi rifarsi ai valori della Resistenza contro l’invasore? Da una amministrazione che ha costruito una campagna elettorale al ritmo martellante dell’antifascismo, è lecito esigere esattamente il contrario. Ad esempio, la rimozione di quella lapide, ripristinata nel 2007 da un’amministrazione di centro-destra e affissa addirittura sulla parete esterna di una scuola.
Sarebbe logico e coerente, oltre che doveroso nei confronti di chi ingenuamente vi ha dato fiducia, una presa di posizione, o almeno di distanza, contro quei monumenti e quelle manifestazioni di chiara matrice fascista che esaltano valori quali colonialismo e razzismo. E invece dobbiamo assistere all’imbarazzante spettacolo di un sindaco che, dopo essersi auto-investito ed auto-incensato quale campione dell’antifascismo, vinte le elezioni, si cinge della fascia tricolore e dell’elmo di Scipio – che, per chi non lo sapesse, è Scipione l’Africano, vessillo dell’imperialismo romano – per rendere omaggio alle truppe colonialiste di Saati e Dogali massacrate dai partigiani eritrei ed etiopi e ai fascisti trucidati per rappresaglia dai partigiani slavi che, insieme ai nostri partigiani, lottavano per la libertà.
Ora, spettabile amministrazione, la memoria, mi insegnate, è fondamentale e non va mistificata in ossequio ad una ritualità istituzionale recitata pedissequamente e acriticamente, mistificando la Storia. Perché questa operazione prima o poi presenterà il conto a tutti noi. La stessa cosa accade quando, come l’attuale sindaco di Lanciano ha fatto, ci si promuove paternalisticamente come il moralizzatore dei costumi, il guardasigilli della legalità – dimenticando, o forse ignorando, che la legalità non è un referente etico – l’ uomo per bene che ha l’esclusiva di rappresentare “ i cittadini per bene”. E quali sarebbero, invece, i cittadini – e le cittadine – per male? forse i/le migranti, le prostitute, i/le poveri/e che non pagano l’affitto nelle case parcheggio del centro storico, perennemente stigmatizzato come il degrado per antonomasia? In quale cassonetto della raccolta umana differenziata avete intenzione di smistarci, mentre vi apprestate a gentrificare il centro a colpi di telecamere?
Senza un chiaro e preciso orizzonte di senso, che orienti l’azione politica, non c’è programma elettorale che tenga. Allora, quando si ritornerà alle urne, dopo aver celebrato il colonialismo e sdoganato il fascismo in un apparentamento obbrobrioso e oltraggioso, nonché mistificatorio, con la Resistenza, dopo aver fatto del perbenismo la propria bandiera e del securitarismo una promessa, ci si ritroverà a fare i conti non solo con le buche nelle strade e con il malcontento delle contrade, ma anche con un immaginario di destra che in larga misura si è contribuito a costruire e a sdoganare. E in questa cornice destrorsa, complici una buca e un lampione fulminato, a nulla varrà aggrapparsi, pietosamente in lacrime, al sangue di non meglio specificati “martiri”, con il solo obiettivo di vincere le elezioni.
L’antifascismo è prassi politica quotidiana e costante, non il vestito buono di cui qualcuno può appropriarsi, ritagliandolo sulle proprie misure, per darsi un’allure di sinistra e andare in giro a fare la questua dei voti.
GIÙ LE MANI DALL’ANTIFASCISMO! LA RESISTENZA DEI POPOLI NON SI INFOIBA, REVISIONANDOLA!
Antonella Festa